Il numero immaginario è un bello e meraviglioso espediente dello spirito umano, quasi un anfibio tra l’essere e il non essere. {Gottfried Wilhelm von Leibniz, e chi sennò_}_

In piena Social Media Week, Sperling & Kupfer ha pubblicato Due gradi e mezzo di separazione. Come il networking facilita la circolazione delle idee (e fa girare l’economia), il bel libro di Domitilla che sicuramente vedrete citato ovunque. Perché è un buon libro sul networking? Certo, ma anche perché è la dimostrazione in 180 pagine del fatto che una rete, sul web o anche fuori da esso, è tanto più forte quando i suo nodi sono generosi e selettivi.

Se questi due aggettivi possono sembrare agli antipodi, in realtà sono uno il carburante dell’altro. Dice Domitilla:

Anche se il networking si basa sulla condivisione e sul dare, per farlo bene devi essere un po’ egoista: non fare ciò che non ti piace. I più bravi networker vogliono costruire relazioni di lungo termine, condividere le proprie competenze mettendole a disposizione di chi incontrano, aggiungere valore tanto quanto ne vogliono ricevere.

Una riga dopo, c’è un’altra cosa importante: la tua forza in una rete non sta nella tua capacità di attrazione, ma in quella di trasmissione.

I networker sono le persone che mettono in contatto gli altri tra loro e non tutti con sé. Io non sono al centro del mio network, ne sono parte.

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Dalla mucca viola al leopardo delle nevi

Prendete il giornalista geloso della sua agenda, lo scrittore che ha paura di parlare di qualcosa che pensa di mettere in un suo libro, la mamma che tiene top secret la sua ricetta della torta di mele, l’amico che non ti dice che è interessato alla stessa ragazza che piace a te. La condivisione non è un obbligo, ma certamente quello che tieni per te è qualcosa di te che non arriverà mai agli altri. E il problema è che ciò che custodiamo gelosamente è proprio quello che per noi ha più valore. Non è facile vincere la paura che qualcuno ci rubi un’idea, il timore di essere giudicati, cedere qualcosa che ti faceva sentire unico. Bisogna farlo per forza? Ovviamente no.

Ma Domitilla un po’ ce l’ha con queste persone qui. Che poi, certe volte, siamo anche un po’ tutti noi. Il libro attacca subito con una critica alla “mucca viola”, il simbolo inventato dal guru del marketing Seth Godin per definire l’unicità di aziende e prodotti vincenti.

Basta con la mucca viola, voler essere unici e particolari. […] È venuto il momento di collaborare, condividere le nostre competenze, e mettere in contatto chi potrebbe sviluppare un’idea […].

Ha ragione? Be’, se avete comprato Due gradi e mezzo di separazione, probabilmente pensate di sì. E, se credete che le società aperte siano più creative di quelle chiuse, e che le buone idee nascano più facilmente davanti a un caffè (è così, dice in un vecchio TED Steven Berlin Johnson), questo libro vi farà venire voglia di fare ancora di più.

Però, anche gli introversi hanno le loro ragioni. Anche al tempo di Twitter. Nel film I sogni segreti di Walter Mitty di Ben Stiller, il protagonista dopo un lungo viaggio rintraccia finalmente un famoso fotografo, nascosto sull’Himalaya (o qualcosa del genere) per immortalare un rarissimo leopardo delle nevi. Il fotografo, interpretato da Sean Penn, se ne sta lì nascosto sotto un telo mimetico, con la macchina fotografica pronta a scattare. Ma quando finalmente il leopardo arriva, c’è questa scena qui:

Walter Mitty: When are you going to take it? Sean O’Connell: Sometimes I don’t. If I like a moment, for me, personally, I don’t like to have the distraction of the camera. I just want to stay in it. Walter Mitty: Stay in it? Sean O’Connell: Yeah. Right there. Right here.

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Insomma, “tenersi” qualcosa, ogni tanto si può. Il fatto, però, è questo: puoi essere un grandissimo fotografo anche se non pubblichi tutti i tuoi scatti, ma di certo non lo diventerai mai se passi la vita senza premere quel pulsante. E senza che qualcuno veda mai le tue stampe.