La scorsa settimana Beppe Severgnini aveva intervistato per il magazine del Corriere la neo premio Pulitzer Anne Applebaum, autrice di un librone sui gulag (che questo blog segnalò, in un momento di grazia, già il 30 aprile 2003). Colpisce, dell’intervista, questo passaggio:

Nessuno era veramente spaventato dal generale Jaruselskij o persino da Breznev, sebbene entrambi si siano resi responsabili di grandi distruzioni. Inoltre, gli archivi erano chiusi. L’accesso ai campi era vietato. Nessuna telecamera ha mai filmato i campi sovietici o le loro vittime, com’è invece accaduto in Germania alla fine della II Guerra Mondiale. L’assenza di immagini, a sua volta, ha voluto dire che l’argomento, nella nostra cultura legata all’immagine, di fatto non esistesse.

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