“I blog stanno passando di moda”, dice. Senza neanche un rassicurante punto interrogativo. Se ne ragiona a 1.400 metri senza sapere dove si andrà a parare. Siccome si può balbettare e fare scena muta, oppure aver cliccato tante cose negli ultimi giorni e avere le idee confuse… Bè ecco qui:
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Sami Viitamaki: creatori-critici-connettori-masse, i quattro cantoni del blogging (grafico)
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Steve Rubel: la vita è una Beta perpetua, il business impari a cambiare (almeno un po’)
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Paolo Valdemarin: i blogger sono un target pubblicitario perché sono più informati della media di persone e sanno connettere le informazioni. Il futuro: blogger senza blog.
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Diario Aperto Swg: le giovanissime bloggano più dei giovanissimi. parlano di sentimenti, di loro, di libri. Diventeranno “animatrici anti-media”.
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Massimo Mantellini/Luca De Biase: la (dis)umanità di internet.
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Il bivio del blogger (grafico, via Appunti di Pandemia)
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Business Week: che cosa fa la gente online in America (grafici)
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Copyblogger: non sono le blogstar che possono rendere speciale il tuo blog. È più facile trovare un proprio pubblico online, che nel mondo reale.
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Dice Scoble: i social networks stanno portando via lettori a tanti blog. Il tempo delle blogstar sta passando.
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Copyblogger: Twitter è la vendetta di quello che apre un blog per metterci le foto del suo gatto.
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Livia Iacolare: il Miniblogging alla Twitter è più immediato per chi scrive e per chi legge, prende meno tempo, attrae i più curiosi.
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Kent Newsome: la Dichiarazione d’Indipendenza dei blogger.
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Peter Kirwan: giornali di carta e giornali online, sproporzione colossale. Facciamo l’esempio del Guardian: 300 mila lettori in edicola valgono 180 milioni di sterline; 15 milioni di lettori online valgono 57 milioni di sterline.
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Stefano Hesse: la capacità di mobilitare idee o azioni, nella blogosfera italiana è pari a zero (gli unici blog interessanti: giornalisti, protoscrittrici fintoerotiche, autori in cerca di posizionamento, esperti veri).
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Zoe Williams: internet è come la ruota. Un sacco di lavoro è stato reso più sopportabile grazie alla sua invenzione, ma il cyberspazio non ha cambiato la nostra natura. Le comunità significative sono piccole, vanno costruite nel tempo, con sforzo e interazione.
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Business Week: the Twitterization of blogs. Bello slogan o realtà?
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Carlo Formenti dixit (anni fa): i blogger andranno incontro a censure e contraccolpi di tipo giuridico o politico; una scrematura fisiologica eliminerà la fuffa e premierà quelli di servizio, consolidandoli su livelli di alta professionalità.
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Time person of 2006: You. L’iguana, i piccoli contributi di milioni di persone, il valore di energia e passione, la stupidità delle masse e la cittadinanza condivisa.
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Dave Winer: i network web 2.0: chiusi servono a poco. Aprire.
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David Cameron: il XXI Secolo, l’era del “people know best”. Ogni giorno la gente cerca soluzioni nuove a vecchi problemi.
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George Simpson: la qualità dei media tradizionali è in declino.
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David Weinberger: internet disorganizza ogni cosa. E, quindi, è il luogo dove tutto è potenziale.
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Tony Blair e i media. Contro i viewspaper: nelle interpretazioni non conta tanto quello che i politici volevano dire, bensì ciò che quello che hanno detto può significare. Anche quando è abbastanza evidente che si tratta di un’interpretazione errata.
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Richard MacManus: il blog sta morendo? A che cosa serve una utility per l’espressione individuale quando tutto il business si sta muovendo verso i social software? No, i blog non muoiono, non hanno rivali come siti/media, e sono ancora il miglior mezzo per interagire e comunicare. Ma i migliori blog sono social (e hanno i commenti aperti).
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Orientalia4all: in sunto, e scusate i termini un po’ forti: i blogger sono puttane per amore, i giornalisti per soldi.