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L’altro giorno Dave Winer, il programmatore guru con il pallino dell’informazione, ha scritto una cosa difficilmente contestabile:

Il mondo del giornalismo è in piena crisi depressiva perché ha appena capito qualcosa che sapeva già da anni: il suo sistema di distribuzione appartiene all’industria tecnologica.

Il motivo è l’annuncio finalmente ufficiale - abbastanza disruptive - di Facebook, che ha creato Instant Articles, una piattaforma per editori che vogliono pubblicare articoli con ricchi contenuti multimediali direttamente sul Social Network. Immaginate una via di mezzo tra un Medium, la storia Snow Fall del New York Times del 2012 e io vi ci metto anche Venuto dal futuro dell’Ultimo uomo perché loro sono bravi.

Come funziona Instant Articles è scritto un po’ dappertutto, ma fondamentalmente va così:

  • Fb mette software, hosting e una piattaforma frequentata da “biliardi” di persone che ormai s’informano praticamente solo lì.
  • Fb assicura caricamenti veloci di elementi multimediali fighi.
  • Fb permette agli editori di decidere: in mezzo agli articoli mettete la pubblicità voi (e sarà tutta vostra) oppure vi aiutiamo noi (e prendiamo una fetta).
  • Si parte non con piccoli esperimenti pilota, ma con i big numbers dell’informazione online: NY Times, National Geographic, Buzzfeed Guardian, Bbc, eccetera.

####L’era del post-traffico Perché Winer parla di crisi depressiva quando a prima vista questa sembra un’opportunità? Perché i media hanno ceduto l’infrastruttura distributiva dell’informazione alle aziende tecnologiche. Ora dipendono dal traffico degli utenti verso le loro pagine (più pagine viste=più pubblicità), ma hanno perso la capacità di indirizzarlo, delegandola a motori di ricerca, network e algoritmi più o meno onesti. I grandi si adeguano a questo mondo, i piccoli cercano di far quadrare i bilanci comprando traffico finto in giro.

In America, complice la diffusione planetaria dell’inglese, ci sono “testate” per le quali questo non è un problema. Buzzfeed, per esempio, vive abbondantemente fuori dalla sua home page, ma su Google, YouTube e Facebook. Il suo modello di business nel medio periodo quasi supera il concetto di click per pagina. L’importante è avere un (grosso) pacchetto di follower per ogni piattaforma. Perché l’obiettivo, come i “vecchi” giornali che usavano il numero di abbonati (a prezzi vantaggiosi) per aumentare il dato diffusione di fronte agli inserzionisti, ora è vendere grossi numeri di lettori alle piattaforme di distribuzione. L’audience potenziale di queste ultime ti aiuta a restare rilevante, la loro tecnologia resta qualcosa di ottimizzato per la quale non avresti budget, se in uno dei futuri possibili.

####Siamo flussi d’informazioni, non giornali Se siamo nelle mani delle tech-companies è perché queste sono nate per gestire i flussi e aggregare le persone. Questa aziende riescono a fare in forma estremamente efficiente e con scalabilità impensata prima quello che nel piccolo mondo vecchio era il pane delle imprese editoriali. Ora agli editori resta il contenuto, una base di lettori fedeli (ma è un capitale che si sta erodendo), qualche firma, un mucchio di brand, una presunta professionalità nel selezionare le notizie, vagliarle e confezionarle. Però, ogni giorno c’è una grande testata che va dietro a notizie come lo zio di Kim Jong-un sbranato dai cani, non so quanto durerà. E comunque, come dice Rafat Ali, di Skift: se sei nella media, preparati a morire:

The middle market is dead. This is true in the newspaper industry. Back then, 20 million uniques used to be large; now that’s midsize. Agencies won’t look at you seriously. The middle, if you’re a generalist, is dead.

Jon Steinberg, l’amministratore delegato lato America del Daily Mail (che non sarà il Guardian, ma a livello di traffico e influenza su vecchi e nuovi media, chapeau), appartiene alla categoria degli “spregiudicati”. Lui dice: pubblicare attraverso le piattaforme, tutte, usando linguaggi differenti, non è il futuro del nostro business. È il presente. Anzi, una cosa che possono fare gli editori è evitare che una piattaforma prevalga sull’altra.

All these knocks you see out there on these different platforms are missing what the opportunity is. The opportunity is you can create a lot of engagement, a lot of content that works, and you can monetize.

E forse, anche se odiate il giornalismo del Daily Mail, ha ragione. In fondo, se Facebook Articles è uscito adesso, non stiamo più parlando di futuro, ma di presente.