La flotta sgarrupata, un milione di sindacati, i diritti di volo su aeroporti di mezzo mondo, i record negativi in Borsa, l’azienda strategica, gli asset tutto sommato non da buttare, l’acquirente solido ed esperto che manca, Intesa SanPaolo che non manca mai, i 2.300 esuberi che pagherà lo Stato cioè chi paga le tasse, la privatizzazione che puzza di svendita (qui, a dirla tutta, sembra “la gara all’australiana” che facevano a Giochi senza frontiere: eliminazione dell’ultimo a partire dal basso).
Ecco, Antonio “Millemiglia” Dini riassume il casino della privatizzazione di Alitalia - e il casinissimo delle amministrazioni precedenti - individuando anche l’identikit del rifondarolo perfetto per la compagnia: «E’ un lavoro da una persona sola, non da fusione a prezzi di svendita con interessi confliggenti (AirOne)».
Ora, tanto per dire, indovinate chi è che ha liquidi da spendere per qualche aggeggio con le ali?