Sul Guardian c’è un pezzo dedicato al “female confessional journalism ”. Insomma, quegli articoli in cui la giornalista racconta in prima persona, cercando anche un po’ di farsi compatire, la sua ossessione per il peso/la dimensione delle tette/gli anni che passano/ecc… Con un finale che è sempre più o meno lo stesso («the writer still sufficiently unhappy to be commissionable for another very similar piece»). Vabbè, la morale sarebbe questa: