Sempre a proposito della guerra delle immagini, quella ribattezzata «Torturati contro decapitati», qualche giorno fa Instapundit raccoglieva una serie di riflessioni interessanti. Mentre i media tradizionali, quindi giornali e tv, hanno “tenuto” l’esecuzione di Nick Berg per un paio di giorni e hanno continuato a tenere in alto la questione delle torture, su internet il caso-Berg è rimasto costantemente sulla cresta dell’onda almeno quanto quello delle torture. Le chiavi di ricerca più digitate sono state addirittura a senso unico (nell’ordine: nick berg video, nick berg, berg beheading, beheading video, nick berg beheading video, nick berg beheading, berg video, berg beheading video, “nick berg” video, nick berg). Le torture invece hanno ottenuto tantissimo spazio ui giornali, anche quando si è trattato di foto poi dimostratesi false (caso Mirror). L’ipotesi di Neal Boortz è che la scelta editoriale di puntare su un tema o sull’altro è squisitamente politica (e che la Rete, andando avanti così, guadagna punti sui media tradizionali):
The prison abuse scandal can damage Bush, the Nick Berg story can only help him. Given the choice many editors will chose the stories that serve their cause, getting Bush out of the White House, rather than one that hurts it
Instapundit - Boortz