Da qualche giorno è online Vox, un sito di news di cui si è molto parlato per vari motivi. Ne metto giù tre:
- è diretto da Ezra Klein, 29enne-ripeto-29enne, ex wonder boy di American Prospect e del Washington Post.
- è edito da Vox Media, cioè chi pubblica uno dei siti tecnologici più amati qui, The Verge, e quella gran cosa di SBNation.
- nasce con lo scopo di spiegare in tempo reale le notizie complesse con dei “bignamini” detti “Vox Cards” (ma c’è anche altro).
Poi di cose interessanti ce ne sarebbero altre due:
- quelli di Vox.com hanno deciso di partire “incompleti”, sostenendo che il miglior modo di sviluppare il sito per i lettori è iniziare a metterlo online subito.
- una degli executive editors, Melissa Bell, è una specie di Zooey Deschanel in versione journo-nerd (ok, questo non è proprio un elemento fondamentale, mi rendo conto; comunque è qui sotto, tra Ezra Klein e Matt Yglesias).
##Gli spinaci dell’informazione Nelle varie presentazioni Klein ha parlato spessissimo della “questione verdura”. A ogni pasto, ci ripetono da sempre le mamme e i nutrizionisti, dovremmo mangiare verdura: ci sono fibre e vitamine, fanno bene, bla bla bla. Eppure le verdure si mangiano malvolentieri. Ai bambini, spesso, nemmeno piacciono. Ecco, l’informazione è come un piatto: spinaci e biete sono le notizie che fanno bene, ma a volte sono noiose, o comunque non ci vanno o non ci piacciono. E le saltiamo. Ma, dice Klein, è tutta colpa di come ce le cucinano:
We call some of the topics we cover the ‘vegetables’ or the ‘spinach’ as if they’re gross and people should be reading them but they’re not going to want to. It’s a terrible attitude. If we can’t take things that are important and meaningful in people’s lives and make them interesting, that failure is 100 percent on us as writers.
Loro hanno risolto con le “Vox cards” come Tutto quello che devi sapere sulla crisi Ucraina. L’aspetto interessante è che hanno volutamente prediletto la leggibilità su smartphone & co rispetto alle infografiche dinamiche genere NY Times Labs.
##Lo spiegone all’italiana Ecco, mentre negli Stati Uniti di Vox si è parlato tanto prima ancora che nascesse, dopo i primi giorni viene da dire: embe’, tutto qui? La rivoluzione copernicana del giornalismo sarebbe fare (bene) (e in fretta) gli spiegoni? Cioè, per dire, in Italia da quasi quattro anni già li fa molto bene Il Post, e non è che ci siano queste celebrazioni. Né tentativi di imitazione da parte dei big player. Anzi, lo stato penoso della situazione attuale secondo me è l’home page del rinnovato Corriere della Sera (vedi Post scriptum), del quale molti hanno criticato l’impostazione grafica “light”, tralasciando invece lo scivolamento verso il basso di titolazione e gerarchia delle notizie. Vabbè, forse hanno visto troppe volte The Wolf of Buzzfeed…
##Le cose noiose e difficili sono cose importanti Il Post, in realtà, mi è venuto in mente l’altro giorno leggendo un articolo abbastanza perfetto - credo di Francesco Costa - titolato semplicemente La squalifica di Matteo Destro: circa 5000 battute su una recente sentenza del Giudice Sportivo nei confronti dell’attaccante della Roma riguardo un fallo visto/non visto dall’arbitro, ma rilevato con la cosiddetta “prova televisiva”. Uno può accettare le quattro giornate di squalifica, ignorare le norme della Serie A, e continuare a vivere benissimo (ma per i romanisti è più dura), oppure capire perché questo caso è una storia. A livello calcistico, magari, potrebbe essere un po’ come le sentenze della Corte Costituzionale sulla legge 40. Insomma, nel suo è una cosa importante, ma per capirlo ci vogliono uno che te lo spieghi bene, la voglia di leggere 5000 battute e di guardarsi un paio di video su YouTube. Nessun cartaceo, tra quelli che ho visto, ha raccontato meglio del Post la faccenda.
Succede così ogni giorno. Perché quasi sempre l’istinto dei quotidiani è spiegare in giornalese, un lessico strano che presenta le notizie in frasi costruite apposta per dare vita a scenette immaginarie come questa:
Lettore: “O giornalisti, ma non lo potevate dire subito che era così?!”
Giornalista: “O lettore, se ti soffermi ancora su questo passaggio, vedi, qui, sostanzialmente è ineccepibile: anzi, la notizia era ivi raccontata nella sua interezza, per di più a prova di querela/incazzatura dell’inserzionista/offesa del diretto interessato/tradimento della fonte”.
E così facendo, per esempio, siccome nessuno ha voglia di capire come funziona una legge elettorale, che è cosa complicata ma è la base di futuri governi e governicchi, stiamo lì a inventarci gli hashtag sulla #paritadigenereperlegge senza preoccuparci di altre cose che contano: chi fa le circoscrizioni, come si ripartiscono i “resti”, perché stavolta votare senza le preferenze va bene e l’altra no. Così questo meccanismo, ripetuto giorno dopo giorno, abbinato alla formula semplicistica dei vari tg24 con titolazione allarmistica in heavy rotation, se ti va bene cresce un’altra “generazione La mela Imu no”.
Oppure, se racconti la questione X con le parole giuste e sentendo le voci autorevoli, se sbrogli il linguaggio tecnico senza tralasciare l’autenticità dei contributi, poi magari succede questo:
Figura apicale o pseudoapicale di turno della testata: “O giornalista collega, apprezzo la tua dedizione ai temi marginali, però questo tuo pezzo è lungo e noioso. Me lo riscrivi?”.
E quindi, alla fine, si ritorna a Klein e ai suoi spinaci.
O per disperazione finisce che applichi il “metodo Stamina”: chiami Le Iene e ti fai dare il numero del Vannoni di turno. Titolone, lacrime, fade to Papa Francesco.
##La cosa complicata è che le cose sono complicate Già. Ma non è un buon motivo per rinunciare a spiegarle nel modo giusto, pur sapendo che la situazione è quella che è. Come scrive giustamente Luca De Biase:
La risorsa scarsa, in questo mercato, non è più lo spazio sul quale pubblicare. È il tempo e l’attenzione del pubblico, il riconoscimento della rilevanza delle informazioni proposte.
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PS: Questo post l’ho in testa in maniera ancora più confusa da un po’, ma ho deciso di cominciare a scriverlo la sera del 9 aprile. In quel momento la terza notizia sul sito del Corriere della Sera online è un bel “Papa Francesco fa salire un amico sulla Papamobile”, mentre dopo il primo blocco che comprende Legge 40, un paio di miracoli di Renzi e il “mistero” di turno (stavolta è la morte di Peaches Geldof, tre giorni dopo l’effettivo decesso), ci sono Ciancimino chef al ristorante, un pezzo sul segretario della Lega titolato “Roma felpona”, una fotogallery su Kate Middleton e il piccolo George, un’altra gallery sulle occhiaie di Giorgia Meloni che dura da due giorni. Formattato malino, è tutto in questo pdf.
PPS: e comunque, degli ultimi pseudo-journo-neonati, il vero sito imperdibile è il nuovo FiveThirtyEight.